Le disuguaglianze nel nostro tessuto sociale sono spesso nascoste e difficili da vedere dal basso. Le barriere visive, comprese le strutture stesse, ci impediscono di vedere gli incredibili contrasti che coesistono fianco a fianco nelle nostre città.
Unequal Scene, Scene di diseguaglianza, utilizza un drone per illustrare la storia inscritta del nostro mondo in un modo nuovo. Le cicatrici all'interno del nostro tessuto urbano, così evidenti dall'alto, possono provocare un senso di sorpresa ("Non sapevo che fosse così brutto!"). Ma rivela anche la nostra complicità nel sistema. Viviamo con queste vicinanze, e partecipiamo a economie che rafforzano la disuguaglianza. L’ampia varietà e l’infallibile precisione attraverso le regioni geografiche indica la natura sistemica della disuguaglianza. Forse è parte dello shock vedere fragili baracche e edifici fatiscenti in file ordinate, delimitate da recinzioni, strade e parchi dei più ricchi. Questo non è naturale, organico: bensì, si tratta di una privazione programmata e intenzionale.
Collocando un attore fotografico non umano - in questo caso un drone telecomandato - al di sopra di questi spazi liminali, si raggiunge un nuovo punto di osservazione, riservato in precedenza solo al governo e ai molto ricchi. Il drone allontana il fotografo e lo spettatore della fotografia, sia fisicamente che mentalmente, e induce ad una analisi dello sguardo da lontano. Ci costringe a confrontarci con l'etica della rappresentazione. Quanto distante deve essere il drone da terra per raggiungere un'altitudine "etica"? Chi ha accesso a questo spazio aereo, questa tecnologia? C'è un carico sempre maggiore in termini di pubblico interesse per vedere queste immagini da drone, e sono in qualche modo diverse da un'immagine di Google Earth o una mappa stampata?
Senza tema di smentite: Unequal Scenes è un atto di sfida. Sfido il governo a riservare lo spazio aereo come dominio dei ricchi e dei potenti. Sfido la necessità di chiedere il permesso per l'accesso, il permesso e l'autorizzazione per raffigurare immagini che sono scomode. E sfido le tradizionali strutture di potere che mantengono queste disuguaglianze nascoste così bene da ogni direzione tranne che dall’alto. Se le immagini provocano fastidiosi sentimenti di paura, disperazione o una sconvolgente realizzazione di complicità - bene. Sono state fatte apposta.
Johnny Miller